sabato 24 agosto 2013

Brasile, San Paolo: Il cuore antico del gigante


Buio pesto e freddo umido anche se sono già le sei del mattino, all'aeroporto di Foz de Iguazù, nella parte brasiliana del territorio dove le famose Cascate la fanno da protagonista. Una ventina di minuti di taxi da Puerto Iguazù, che invece è Argentina. Il viaggio di ritorno a casa è iniziato: prima tappa, San Paolo. Perchè è di lì che partirà domani il nostro aereo  per la cara vecchia Europa.
A ben vedere, però, abbiamo ancora una piccola carta da giocare: un pomeriggio.  
Già... ma cosa visitare in una manciata di ore appena?

L'albergo di San Paolo che abbiamo scelto per quest'ultima notte sudamericana si trova in periferia, sulla trafficatissima superstrada per l'aeroporto internazionale di Guarulhos. Quando dobbiamo prendere un volo intercontinentale preferiamo scegliere hotel a non più di un quarto d'ora dai terminal: niente stress da ingorghi di traffico o levatacce antelucane. Ci piace riposare più che possiamo e arrivare con tutta calma al check-in. 







Questo però significa essere davvero fuori dalle rotte turistiche dei centri storici, parcheggiati comodamente nella gelida aria condizionata di casermoni di vetro e cemento posizionati nei vasti paesaggi di sconfinate periferie urbane. E San Paolo è così vasta che ci sembra impossibile anche solo arrivarci, con così poco tempo. E poi, cosa visitare? La città paulista è notoriamente un gigante che si estende per più di millecinquecento chilometri quadrati. Una sconfinata area trapuntata di grattacieli e percorsa da "avenidas" di proporzioni ciclopiche. Tanto che i ricchi uomini d'affari  per far prima ed evitare gli ingorghi usano l'elicottero per i loro spostamenti urbani. 
Questa volta ci sembra proprio impossibile sfruttare il "bonus" di ore che ci rimane. Lo confessiamo con un po' di tristezza al ragazzo del bancone reception, che ha appena finito di accogliere due coreografici sposini. Lui ci guarda sorridendo, poi tira fuori una cartina e ci spiega che no, San Paolo non è poi così irraggiungibile come potrebbe sembrare: a un chilometro a piedi dall'ingresso dell'hotel c'è la fermata di un bus pubblico che in una ventina di minuti ci scodellerà ad un ingresso della Metropolitana e voilà, San Paolo da quel momento sarà davvero a portata di mano. Ringalluzziti dalla prospettiva usciamo in strada, la Rodoviaria Presidente Dutra, a quest'ora del primo pomeriggio trafficatissima e con l'asfalto del marciapiede rovente di sole.

La banchina con la fermata effettivamente non è distante e per fortuna nostra il bus arriva subito. E' il tipico mezzo di trasporto pubblico brasiliano, con il bigliettaio e il tornello d'ingresso che si sblocca solo dopo che hai pagato la corsa. Tremendamente scomodo quando si hanno bagagli voluminosi da far passare.

Al capolinea del bus, come previsto, ecco l'ingresso della Metropolitana. ora non resta che scegliere la direzione. Considerando che non siamo mai stati a San Paolo e che abbiamo davvero solo una manciata di ore, decidiamo di andare là dove la città stessa ha iniziato il cammino. Il piccolo centro storico, il nucleo intorno al quale si è nel tempo formato uno degli agglomerati urbani più colossali e multiformi del pianeta. Ci figuriamo insomma San Paolo come un gigante dal cuore antico, ed è lì che intendiamo giocare l'ultima carta del nostro viaggio.


Emergiamo dalla Metro dritti nella Praça da Sé,cioè piazza della Cattedrale.
















La Catedral da Sé appare subito allo sguardo alta, enorme e protesa verso il cielo. Uno stile neobizantino risalente agli anni '20, così ci sussurra la solita informatissima Lonely Planet.
La piazza è una piccola corte dei miracoli di turisti, mendicanti, saltimbanchi e giocolieri di strada Stiamo ben attenti a borse e portafogli perchè sappiamo che questa è un' area a rischio di borseggi e truffe varie, come del resto tutti i sagrati dei centri storici delle grandi città.










Entriamo nella  cattedrale metropolitana, dedicata ovviamente a San Paolo, dove si sta provando la coreografia per un matrimonio.









Nervature, cupole a ombrello, vetrate cattedrali multicolori altissime e affusolate si susseguono creando giochi di luce ma soprattutto di ombre. Il contrasto con l'intensa luce esterna è fortissimo e crea atmosfere suggestive. Gli spazi sono ovunque enormi.




Abbiamo ancora tempo sufficiente per un giretto a piedi nell'attiguo "Triàngulo", una parte di centro caratterizzata da vie pedonali di dimensioni italiane ( considerate "strette" rispetto allo standard delle moderne "avenidas") e  da  alti palazzi costruiti a cavallo fra '800 e '900. 















































A noi piace passeggiare dentro questo piccolo quartiere, ci sentiamo, chissà perchè, di casa. Un tempo questa zona era il cuore commerciale della città. Siamo contenti di avere sfruttato così le nostre ultime ore di vacanza, scoprendo il cuore antico del gigante San Paolo. 







E adesso diamo i numeri...

Giorni #40 (da Lima 17 luglio 2013 a Sao Paulo 25 agosto 2013)
Paesi  #6 ( Perù Bolivia Cile Argentina Paraguay Brasile )
Città #16 ( Lima-Cuzco-Arequipa-Puno-La Paz-Sucre-Potosì -Uyuni-San Pedro de Atacama-Salta-Cafayate-San Miguel de Tucuman-Resistencia-Asuncion-Puerto Iguazù-Sao Paulo )
Ore volo #4
Aeroporti #6
Compagnie aeree #3 ( Taca Amaszonas TAM )
Treni km. #120
Taxi #8 
Taxi km #160
Tour #5
Tour km. #600
Tour offroad km.#300  
Bus km #5600 
Bus ore #80
Bus notti #3
A piedi km. #200
Autonoleggi #1 
Autonoleggi km. #400
Hotel #37
Spese € #2500 (2p.)
Spese US$ #2000 (2p.)
Piccoli inutili souvenir #5
Piccoli utili souvenir #3
Libri acquistati #5 
Libri consultati #18
Foto #3449 
Post pubblicati #43 ( Luglio #19 - Agosto #24 )















giovedì 22 agosto 2013

Argentina, Puerto Iguazù: Un posto tranquillo

Parliamo di Puerto Iguazù, la nostra base per un piccolo relax di un paio di giorni. 
Ci voleva proprio! Viaggiare attraverso la storia e la geografia dei territori che furono teatro della potenza e della tragica dissoluzione dell'impero Inca è stata esperienza ricca di emozioni e anche di fatica. 
















Abbiamo ormai alle spalle lunghe ore di spostamenti in pullman percorrendo strade spesso sterrate e polverose, un mese trascorso ad altitudine media sempre sui 3000 metri, un mese di attenzione continua al bagaglio e anche a chi ci sta intorno: siamo pur sempre turisti e stranieri, anche se tutti sono stati sempre cordiali e non ci siamo mai sentiti realmente in pericolo.


Sentiamo la necessità di una pausa, di ritrovare volti amici. E in questa tranquilla e ospitale cittadina argentina poco distante dai confini con Brasile e Paraguay e nella quale siamo già stati in un viaggio precedente, di amici ne abbiamo ben due: la nostra carissima amica Marcela e...le Cascate di Iguazù, meraviglia della natura che già conosciamo bene e che ieri abbiamo rivisto, per comodità logistica, soltanto dal versante argentino. 



Puerto Iguazù non ha nulla di speciale. Nulla di storico, niente monumenti di particolare rilevanza. 
Edifici bassi e tutto sommato anonimi, un centro con i soliti negozietti di delizioso artigianato acchiappa-turisti. 










E le agenzie di viaggio, dove prenotare le visite alle vicine Cascate, quelle sì davvero “speciali”, le “Cataratas” e il relativo versante argentino compreso nel “Parque Nacional de l'Iguazù”. Di qua, distano meno di una ventina di chilometri.





E Puerto Iguazù a noi pare aver assorbito la calma solennità dei due giganti d'acqua che proprio nei suoi pressi si incontrano e si uniscono.




Infatti, poco distante dal suo centro abitato, il fiume Iguazù dopo più di 1300 chilometri di viaggio lungo il Brasile – e dopo essersi sbizzarrito in evoluzioni mozzafiato creando appunto le famose Cascate - si sposa al Rio Paranà, l'immenso fiume sudamericano secondo solo al Rio delle Amazzoni.

Passeggiamo un' intera giornata per le strade di Puerto Iguazù, in un totale relax quasi ipnotico. Nel nostro girovagare senza meta, capitano sotto gli occhi piccoli particolari curiosi. Una casetta viola acceso attira lo sguardo.
Poco oltre, un aforisma vergato in bella calligrafia lungo i gradini di una scalinata ci ricorda che non esiste un solo giorno nel quale non siamo almeno per un istante in paradiso.







“Agisci senza aspettarti nulla” ci ammonisce invece il filosofo cinese Lao Tzu da un cartello appeso sui mattoni rossi di una “posada”. 










Bighelloniamo ancora un po' fotografando gli alberi fioriti e profumatissimi, nonostante qui sia inverno.






Un Dogo argentino ci osserva pigro, al di là di un'inferriata. Chissà se si chiama Bombon
come il "perro" del film di Carlos Sorin.











Le insegne di un ristorante mostrano le specie locali di pesce. Il Surubì, ci hanno detto, è una vera delizia. Ieri sera abbiamo assaggiato il Dorado e ci è piaciuto.








Poi ci sediamo al tavolino di un bar, in uno slargo dove convergono le vie principali della cittadina. Ordiniamo birra e patatine e continuiamo il nostro programma di relax. 


Come in tutti i locali pubblici dove siamo stati durante questo viaggio, il wi-fi c'è ed è gratuito. La frase di Lao Tzu ci è rimasta in testa, e con i nostri smart-phone gettiamo le reti nel mare del Web in cerca di altre perle del saggio buddhista. La pesca è fruttuosa e rigiriamo presto fra le mani una gemma : “Trenta raggi convergono sul mozzo, ma è il foro centrale che rende utile la ruota. Plasmiamo la creta per formare un vaso, ma è il vuoto centrale che rende utile il vaso. Ritagliamo porte e finestre nelle pareti di una stanza: sono queste aperture che rendono utile una stanza. Perciò il pieno ha una sua funzione, ma l'utilità essenziale appartiene al vuoto".

Ecco! Aver vissuto almeno per un giorno il rilassante “vuoto” di Puerto Iguazù, il tranquillo scorrere quotidiano senza la frenesia di dover visitare in poco tempo, Lonely Planet alla mano,  imperdibili musei, monumenti, cattedrali e palazzi storici, ci ha regalato la giusta condizione di spirito per decomprimere ed assimilare le emozioni culturali e geografiche vissute nei trentasette giorni passati.
Lao Tzu aveva ragione: il vuoto è essenziale per valorizzare e dare prospettiva al pieno. E noi,adesso, di immagini mozzafiato e atmosfere spettacolari abbiamo davvero la testa piena zeppa.


Il sole è già sceso,l'aria è fresca e scura. Un piccolo tenero geco quasi trasparente gioca con le ombre colorate di viola, azzurro e giallo che un lampione disegna sui muri di una casetta. Buona notte, saggia e “vuota”
Puerto Iguazù. 






















mercoledì 21 agosto 2013

Cataratas del Iguazù: seguendo Álvar Núñez Cabeza de Vaca


Immaginate di essere nel 1541. Siete di origine spagnola e il vostro nome è Álvar Núñez Cabeza de Vaca.  Avete circa cinquant'anni e da almeno quindici nel Nuovo Mondo vi siete trovati a fare i conti, fra Florida e Messico, con naufragi, spedizioni andate male e una lunga prigionia presso una tribù indigena. Poi siete ritornato in patria, il Regno di Spagna, dal vostro sovrano Carlo I. Ma lì non avete resistito a lungo. Il vostro carattere irrequieto e la promessa di un incarico importante, Governatore della remota provincia di Rio de la Plata, vi hanno  spinto a rifare vela verso il Nuovo Mondo. Sbarcati sull'Isola di Santa Catalina, in Brasile, siete venuti a sapere che la colonia spagnola di Rio de la Plata, decimata dai combattimenti contro gli indios, ha abbandonato quella zona e si è spinta all'interno del continente fondando una città di nome Asunciòn. Decidete di raggiungerla e vi inoltrate nella selva insieme al drappello di uomini che vi hanno seguito fin qui. Stanco e provato, state avanzando faticosamente fra alberi giganteschi e sottobosco umido e intricato.











Fa caldo, gli insetti vi tormentano e la fatica è quasi insopportabile. A poco a poco si materializza un rombo cupo e sordo. Sempre più forte, poi decisamente assordante. Gli ultimi secchi colpi di machete fendono l'intrico di vegetazione grondante umidità. E un sipario di lucide frasche verdi si apre per voi, primo europeo della Storia umana arrivato fin qui. Lo spettacolo è possente: l'acqua precipita da un fronte di più di settecento metri e da un'altezza di quasi cento, formando una voragine impressionante da cui salgono nuvole di gocce quasi vaporizzate e incorniciate da arcobaleni di colore intenso. 







Il frastuono è insopportabile e la luce del sole, rifratta da mille prismi liquidi, accecante. La natura sta recitando una delle sue pièces meglio riuscite: La “Garganta del Diablo”...la gola del diavolo. 








Così ora la gente la chiama, anche se Cabeza de Vaca battezzerà questa, e le altre cascate accanto, “Saltos de Santa Maria”. Ma queste cascate  un nome già l'avevano e lo manterranno: Iguazù   Dato loro dal popolo che da sempre le conosceva, gli indios Guaranì. Mirabile sintesi di un fenomeno spettacolare di indescrivibile bellezza: Y, “acqua”, Guazù, “grande”.









Noi abbiamo un debole per lo scrittore uruguaiano Eduardo Galeano. E anche ora, per la terza volta nella nostra vita davanti alla “Cataratas del Iguazù”, non abbiamo potuto fare a meno di ripensare a questa sua pagina: 

 “Buttando fumo da sotto il vestito di ferro, tormentato dalle punture e dalle piaghe, Álvar Núñez Cabeza de Vaca scende da cavallo e vede Dio per la prima volta. Le farfalle giganti svolazzano intorno. Cabeza de Vaca si inginocchia davanti alle cascate dell'Iguazù. I torrenti, strepitosi, schiumosi, si rovesciano dal cielo per lavare il sangue di tutti i caduti e per riscattare tutti i deserti, fiumane impetuose che sprigionano vapori e arcobaleni e cavano foreste dal fondo della terra secca: acque che ruggiscono, eiaculazione di Dio che feconda la terra, eterno primo giorno della Creazione.
Per scoprire questa pioggia di Dio, Cabeza de Vaca ha camminato una metà del mondo e navigato l'altra metà. Per conoscerla ha sofferto naufragi e sofferenze; per vederla è nato con gli occhi nella faccia. Quel che gli resta da vivere sarà un regalo.”

(Eduardo Galeano, Memoria del Fuoco, Le Origini)